Il primo articolo della nostra nuova rubrica “I giovani in numeri” non può non partire da una delle problematiche più urgenti con cui l’Italia si trova a dover fare i conti: il degiovanimento della popolazione. Sebbene a molti la demografia possa sembrare un argomento noioso e ostico, per certi aspetti essa rappresenta una vera e propria chiave di lettura per comprendere l’Italia di oggi. Per questa ragione, Generazione T ha deciso di partire proprio da qui, ovvero da un primo sguardo ai giovani del nostro Paese e, in particolare, ai giovani della regione in cui essa affonda le proprie radici: l’Umbria.

Sulla base dell’esaustivo lavoro dell’Agenzia Umbria Ricerche (AUR) – la quale rappresenterà una delle principali fonti di questa rubrica – possiamo affermare che il degiovanimento della popolazione è dato essenzialmente dalla combinazione di tre fattori: uno diretto (l’allungamento della vita media della popolazione) e due indiretti, ovvero la riduzione della natalità e l’emigrazione dei giovani per questioni legate al lavoro

Prima di entrare nel merito delle cause dell’invecchiamento della popolazione, vediamo un po’ di numeri. Riprendendo le parole dell’AUR, “in Italia le classi di età “mature” sono in continua crescita sul totale della popolazione e all’oggi gli over 65 hanno una consistenza pari al 24,1% (14,2 milioni) a fronte del 12,5% degli under 14 (7,3 milioni).” Per dare un’immagine più chiara di questa tendenza, ecco un altro metro di paragone: nel decennio 2012-2022 il numero di giovani under 14 è diminuito di più di 835 mila unità, cioè poco meno della popolazione di Torino (848 mila ab.) mentre, nello stesso periodo, la popolazione over 65 è aumentata di 1,7 milioni unità, ovvero più dell’intera città di Milano (1,35 milioni ab.). 

E l’Umbria? Purtroppo non fa eccezione, anzi nel cuore verde d’Italia la carenza di giovani è ancora più marcata rispetto alla media nazionale, con ad oggi solo un 11,7% di popolazione under 14 a fronte del 26,8% degli over 65. C’è inoltre da aggiungere che, sfortunatamente, le prospettive future non sono delle più rosee: infatti, nonostante si prospetti un invecchiamento della popolazione nell’intero Paese, in Umbria le previsioni dicono che con molta probabilità già nel 2033 la popolazione over 65 supererà quella under 35, passando rispettivamente al 32,0% e al 29,1%.

Ma ora vediamo in breve le due cause indirette individuate dall’AUR. Riguardo alla riduzione della natalità, bisogna innanzitutto chiarire quali siano le cause alla sua base. C’è chi sostiene che la causa principale di questa problematica sia da ritrovare nella presenza sempre più consistente delle donne nel mondo del lavoro. Tuttavia, i dati mostrano che il tasso di occupazione femminile non è inversamente proporzionale al tasso di fecondità; infatti, se da un lato in Italia si notano un tasso di fecondità all’1,24% e un tasso di occupazione femminile al 51,1%, in altri Paesi vicini a noi la situazione è ben diversa: prendendo il caso della Francia, si vede come essa presenti un tasso di fecondità all’1,84% e, al contempo, un tasso di occupazione femminile al 70,2%. Per non parlare inoltre dei Paesi scandinavi, dove per esempio la Svezia arriva a toccare il 78% di occupazione femminile, pur mantenendo un tasso di fecondità all’1,66%

Ciò che emerge da questi dati è quindi che il problema della natalità non è legato all’occupazione femminile, ma piuttosto alla mancanza di un supporto sociale ed economico che sostenga il desiderio di genitorialità delle famiglie. Pur premettendo che le ragioni che possono spingere a non desiderare di avere figli sono delle più svariate, uno degli ostacoli più significativi per molti giovani è rappresentato da “un mercato del lavoro che li costringe sia alla precarietà e sia a remunerazioni basse”, usando le parole dell’AUR.

Quest’ultima considerazione si lega al secondo problema individuato dall’AUR, cioè l’emigrazione giovanile. Essa rappresenta una delle nostre maggiori sfide sia a livello nazionale – a causa della cosiddetta “fuga di cervelli” all’estero – sia negli specifici casi regionali, e in particolare in quello umbro. 

Il discorso riguardante la migrazione giovanile è strettamente legato al concetto di attrattività dei territori: ma cosa vuol dire attrattività? Secondo l’AUR, “l’attrattività è un concetto molto ampio, composito, che intercetta la struttura produttiva, le reti infrastrutturali, la qualità della vita, il capitale umano, la disponibilità di forza lavoro qualificata, la presenza di innovazione, la diffusione di servizi avanzati, sociali, culturali e molto altro ancora […]. Si tratta di quegli elementi endogeni propri del territorio, sedimentati o in evoluzione, su alcuni dei quali è possibile tentare di intervenire.”

Per l’Umbria il potenziamento dell’attrattività dei suoi territori resta ancora oggi una delle sfide più complesse, in quanto si lega alla necessità di creare almeno una città che “funga da forte attrattore e da catalizzatore soprattutto per le giovani generazioni, che diventi insomma una specie di cuore pulsante per tutto il territorio” e che quindi possa porsi in competizione con le grandi città, che al momento sono le uniche capaci di offrire alle giovani imprese e alle nuove generazioni “quella giusta rete di legami, energie, creatività, idee, possibilità che realtà di piccole dimensioni non riescono [ancora] a garantire” (AUR 2023).

Ma quindi cosa si può fare? Il significativo deficit di “nuovo” capitale umano di fronte a cui ci troviamo oggi ci rende sempre più vulnerabili, tuttavia esiste una combinazione di politiche pubbliche, attuabili a livello nazionale e regionale, capaci di contrastare questa tendenza. Queste policies dovrebbero essere orientate a: ridurre il fenomeno dei NEET, ovvero dei giovani che né studiano né lavorano, facendo dunque dei giovani i veri protagonisti del mondo del lavoro regionale; sostenere il mercato del lavoro e l’economia agevolando l’occupazione femminile e delle madri; e favorire l’indipendenza e il desiderio di genitorialità di molti giovani agevolandone l’autonomia abitativa, dando loro un sostegno economico significativo (per far fronte alle spese che la genitorialità necessariamente comporta) e potenziando i servizi per l’infanzia quali mezzo per equilibrare il binomio casa/lavoro.

Alla luce di tutte queste considerazioni, è chiaro quanto sia non solo importante, ma anche urgente creare realtà giovanili come quella di Generazione T, che siano capaci di stimolare la partecipazione dei giovani nei loro territori di appartenenza, dando così loro l’opportunità di far sentire la propria voce e di farsi protagonisti del futuro del loro territorio. 
Come abbiamo visto, per invertire la tendenza di degiovanimento del nostro Paese bisogna agire su più fronti, ma il nodo centrale è che serve creare opportunità lavorative invitanti ed una rete di supporto sociale ed economico che riescano sia a trattenere la popolazione autoctona sia ad attrarre nuova popolazione residente. Citando l’AUR, “serve dunque un’Umbria [ed un’Italia] dove convenga vivere, piuttosto che dove valga la pena vivere, solo perché è bella.”

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