Martedì 12 dicembre si è conclusa la COP28, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Questa, oltre a riaccendere il dibattito politico sulla questione climatica, ha visto una partecipazione da parte delle nuove generazioni ancora più significativa rispetto al passato.

Di conseguenza, riflettendo sul rapporto tra giovani e cambiamento climatico, in questo nuovo articolo della nostra rubrica abbiamo pensato di cogliere l’occasione per parlare di una tematica che si sta facendo sempre più sentire tra i giovani (e non solo): l’eco-ansia

Questo disturbo è stato a lungo trascurato sia dalla comunità scientifica sia dalla società, creando così molta disinformazione in merito. Per questa ragione, “I giovani in numeri” è qui oggi per trattarlo in modo più puntuale, presentandone la definizione, i sintomi e alcune possibili modalità per gestirlo.

Definizione e cause

Secondo la definizione data dall’American Psychological Association (2017), l’eco-ansia consiste in una “paura cronica del destino ambientale”. 

Alla sua origine ci possono essere diversi fattori, come l’inquinamento, la perdita di biodiversità o la distruzione degli habitat naturali. Vari studi hanno dimostrato che, sebbene l’ansia climatica spesso derivi da un’esposizione diretta ad un problema ambientale, molto frequentemente essa è il risultato di un’esposizione indiretta, soprattutto attraverso i media.

In Italia / la situazione italiana

Dato che in Italia l’eco-ansia è stata a lungo considerata un comportamento infantile piuttosto che un vero e proprio disagio, gli studi a riguardo sono ancora piuttosto carenti. Questo potrebbe sembrare un paradosso visto che il nostro Paese è uno dei più esposti agli effetti del cambiamento climatico. 

Sono infatti sempre più numerosi gli italiani che mostrano una seria preoccupazione a riguardo: secondo un sondaggio del King’s College di Londra (2022), sono più dell’87%

Inoltre, un rapporto di Legambiente dello stesso anno ha dimostrato che i 310 eventi climatici estremi accaduti nel 2022 hanno portato ad un aumento di italiani con comportamenti eco-ansiosi del 55% rispetto al 2021

E oggi? Google Trends ha rilevato un aumento globale delle ricerche legate all’ansia climatica nel 2023 e, purtroppo, gli italiani non fanno eccezione. Giusto per fare qualche esempio, nell’arco di un anno le ricerche legate alla parola “siccità” sono aumentate del 387% e quelle relative al  “cambiamento climatico” del 153%.

Sono, però, soprattutto i giovani a soffrire di ansia climatica. Non è poi così sorprendente se si pensa al fatto che sono e saranno proprio loro a subire gli effetti del cambiamento climatico, sia oggi che in futuro. Da un sondaggio tenuto da Onu e Oxford in vista della COP26 (su un campione di quasi 700 mila persone) è emerso che i giovani italiani sono tra i più preoccupati per l’emergenza climatica, superando l’86%.

Sintomi

Paura, rabbia, vergogna, senso di colpa, sopraffazione… l’eco-ansia può presentarsi in varie forme. 

Le diverse manifestazioni di questo disturbo dipendono, oltre che dalla soggettività di ognuno, anche dal tipo di esposizione ai pericoli climatici. Spesso chi vive in prima persona un evento meteorologico estremo – come incendi, uragani o alluvioni – dopo l’emergenza presenta disturbi mentali quali depressione, ansia e stress. Questi, quando iniziano a insorgere cronicamente, possono pesare sia sul benessere emotivo sia sulla salute fisica degli individui, per esempio indebolendo il sistema immunitario o causando disturbi del sonno.

Più in generale, per coloro che assistono agli effetti del cambiamento climatico, anche in modo indiretto, non è raro sviluppare un senso di frustrazione e impotenza. La sensazione di essere incapaci di fermare la crisi climatica, soprattutto se si protrae nel lungo periodo, può dare vita ad una vera e propria sofferenza emotiva.

L’ansia climatica è ormai considerata una delle conseguenze più importanti dei cambiamenti climatici, fino ad essere addirittura definita come la “malattia del secolo”, non solo per il suo forte impatto sulla salute mentale delle persone, ma anche perché si prevede che avrà una diffusione sempre maggiore in futuro. 

Cosa fare

Se pensate di soffrire di eco-ansia, ecco alcuni consigli su come gestirla.

Innanzitutto, è necessario limitare la propria esposizione ai media e, in particolare, il doomscrolling, ovvero l’abitudine di cercare compulsivamente notizie negative online. Leggere continuamente notizie e storie allarmanti porta infatti ad emozioni negative e pensieri catastrofici.

Un’altra pratica molto utile per il proprio benessere mentale è la meditazione. Sebbene sia spesso sottovalutata, essa è uno strumento estremamente efficace per combattere ansia e stress, nonché i sentimenti di biasimo verso se stessi che possono derivare dal sentirsi incapaci di fare la differenza nella lotta climatica.

Infine, prendere parte ad eventi di attivismo climatico può rappresentare un punto di svolta per molte persone che soffrono di ansia climatica. Oltre a creare un senso di comunità con coloro che condividono la medesima sensibilità verso questo tema, l’attivismo climatico permette di non vivere passivamente queste emozioni negative, ma di indirizzarle piuttosto verso iniziative e progetti che contribuiscano proattivamente a risolvere la questione climatica.

L’eco-ansia dunque non è necessariamente un ostacolo da abbattere. Se indirizzata in senso propositivo, può trasformarsi da problema a risorsa, da paralisi a spinta verso un’azione concreta a sostegno della lotta climatica, incoraggiando comportamenti e pratiche a favore dell’ambiente.

3 risposte

  1. Completamente d”accordo, purtroppo e’ proprio cosi’, e’ quello che in passato e’ stato definito “quinto potere” che influenza negativamente tanti giovani e non solo…..

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *