L’Italia è il paese della cultura e dell’arte, ma troppo spesso si sente dire che alle nuove generazioni tutto questo non interessa. È veramente così?

Esiste un effettivo distaccamento e disinteresse da quello che è il patrimonio culturale italiano da parte delle nuove generazioni o sono le modalità con cui questo viene presentato che allontanano i giovani?

Dopo avere studiato e approfondito un’indagine pilota di AUR (Agenzia Umbria Ricerche) intitolata “Giovani e Musei”, proviamo a riflettere sui dati e sulle considerazioni fatte da ragazzi e insegnanti grazie alla rubrica di Generazione T “I giovani in numeri”.

L’indagine svolta da AUR prende piede a Foligno, il 7-8 aprile 2022, durante Expo C.R.E.A., il festival delle buone pratiche di Work-Base Learning in ambito artistico-culturale, e si basa sulle risposte date dai ragazzi presenti, 203, (provenienti da 7 regioni Italiane, di cui un 50% circa provenienti dall’Umbria) e anche su quelle di insegnanti e lavoratori attivi nel mondo dell’arte.

Dalle risposte date è emerso che l’87% dei ragazzi ha avuto occasione di visitare un museo o una mostra darte, principalmente grazie a visite programmate organizzate dalle scuole. Possiamo quindi comprendere sin da subito che la scuola, l’istruzione pubblica, si conferma il principale canale per avvicinare i giovani al patrimonio culturale, soprattutto a quello regionale e nazionale. Infatti, dalla ricerca non emerge il fatto che i ragazzi sono disinteressati alla cultura in generale, ma che lo siano piuttosto a quella locale. 

Se si vanno ad analizzare le risposte date alla domanda “Qual è il museo o mostra d’arte che ti ha colpito maggiormente?”, le risposte si rifanno tutte a grandi esposizioni internazionali e poi nazionali, ma quasi mai regionali o addirittura provinciali e comunali. 

Qui nasce il problema fondamentale: cosa differenzia queste esperienze da quelle offerte dal nostro patrimonio locale? Oltre all’importanza dei pezzi esposti, non si potrebbe fare ricerca e aprire uno specifico percorso per valutare l’appeal dei sistemi culturali locali, soprattutto per ciò che riguarda il coinvolgimento delle giovani generazioni?

Per trovare una soluzione potremmo cercare di capire cosa annoia, cosa provoca disinteresse nei ragazzi e quali mezzi li coinvolgerebbero di più. Perché alcuni non sono mai entrati nei musei o non hanno mai visto una mostra d’arte? Oppure, per quale motivo è difficile che i ragazzi decidano di avvicinarsi a questo mondo in maniera autonoma?

Dobbiamo però dire che dai dati registrati da AUR il disinteresse nei confronti del patrimonio culturale rappresenta una percentuale minima, solo il 13% dei ragazzi non ha mai visitato una mostra o un museo, e tra le cause indicate il disinteresse è l’ultima ragione, prima prevalgono l’impossibilità economica o di organizzazione delle tempistiche (nel caso si tratti di iniziative scolastiche).

Per questo motivo abbiamo deciso di focalizzarci su un aspetto più impellente: quali mezzi potrebbero utilizzare i sistemi culturali italiani per suscitare un interesse attivo nei giovani.

Partiamo da un fatto certo: non c’è bisogno di fare capire che l’arte sia necessaria, sono i ragazzi stessi a definirla “un elemento irrinunciabile della vita”, che contribuisce a “crescere con più consapevolezza”, favorendo un generale arricchimento personale. 

La vera necessità è quella di comprendere che la cultura evolve, è dinamica e – cosa importante, ascoltiamo bene quello che ci dicono i giovani – “la cultura dei giovani è differente da quella degli adulti”.

Non si possono escludere i mezzi digitali nel momento in cui si va a installare una mostra se si vuole che questa parli e susciti interesse nelle nuove generazioni. 

Ma la tecnologia non è la sola soluzione, i ragazzi stessi offrono soluzioni più “alla mano”, come percorsi personalizzabili, ciceroni preparati che possano accompagnarli all’interno dell’esposizione e, proposta da non sottovalutare, la presenza dei soggetti artefici dei materiali esposti. Potere avere un confronto diretto e partecipe su ciò che vedono, che possa rendere la visita un dialogo tra l’osservatore e ciò che si osserva fa in modo che i giovani, sempre più abituati a essere parte determinante di ogni loro esperienza, possano sentirsi parte anche dell’arte che studiano.

In riferimento all’uso di nuove tecnologie e in generale di mezzi di comunicazione moderni si nota come le nuove generazioni definiscano necessario un ammodernamento da parte delle strutture museali più classiche. Molto apprezzato è stato il tentativo riuscito del Museo degli Uffizi di Firenze, il quale ha deciso di aprire dei propri profili social dove raccontare le proprie esposizioni anche grazie a content creator di fama mondiale. 

Inoltre, ci teniamo a fare notare come molti ragazzi seguano sui social pagine di divulgazione artistica, dalle quali approfondiscono temi d’interesse e grazie alla quali scoprono e programmano alcuni viaggi culturali. Ciò a sottolineare come, anche se la consultazione cartacea e di testate giornalistiche o riviste sia diminuita, i ragazzi sentano la necessità di informarsi e acculturarsi grazie a mezzi diversi, da Instagram a YouTube. 

Un primo passo importante per valorizzare il nostro patrimonio culturale sembra quindi quello di renderlo più “social”, più “pop”. L’arte non è elitaria, ma è fatta per il popolo, e se il popolo di domani si presenta diverso da quello di ieri è necessario, ove possibile, cercare di usare il suo stesso linguaggio per diffondere e valorizzare i nostri musei e le nostre mostre.

È sicuramente importante sottolineare, avvicinandoci alla conclusione di questo articolo, come la scuola continui a rappresentare il primo mezzo di avvicinamento all’arte per i giovani. Però, come sottolineato anche dagli insegnanti che hanno preso parte alla ricerca rispondendo al questionario AUR, il sistema scolastico rende la materia artistica eludibile. Non possiamo pretendere che i giovani si avvicinino e di dimostrino interessati all’arte se non gli è data occasione di farlo. 

Focalizzandoci sulle considerazioni finali, andiamo a prendere in esamina la regione Umbria, regione su cui Generazione T ha dato vita alla maggiore parte dei suoi progetti. 

Dalle parole di Matteo Piselli, consulente digitale ed esperto in attività collegate alle varie forme d’arte, cogliamo che la regione Umbria è una terra antica, piena di arte medievale e rinascimentale, ma è anche custode dell’arte informale di Alberto Burri, segno che le moderne tendenze artistiche possono comunque trovarvi spazio. Non dobbiamo quindi fare distinzione di importanza tra le varie forme ed espressioni artistiche, come precedentemente detto l’arte di per sé non divide, e potrebbe essere un’ottima soluzione integrare correnti artistiche diverse per avvicinare i giovani alla scoperta del proprio patrimonio culturale. 

Le proposte e le possibilità ci sono, basti pensare che in Umbria la quota di comuni dotati di almeno una struttura museale raggiunge il 62%, e considerando la dimensione spesso minima dei comuni è sicuramente un dato importante. Dobbiamo solo capire come renderle più appetibili. 

L’Umbria sotto questo punto di vista sta sicuramente facendo un percorso ottimale in quanto si posiziona al di sopra del valore medio nazionale per ciò che concerne lofferta di percorsi e materiali informativi pensati per i più piccoli e per la predisposizione di laboratori didattici (i musei che dispongono di tali materiali sono il 25,8% del totale).

Ma su cos’altro sta investendo la regione Umbria?

Dai dati ISTAT presenti nella ricerca AUR, alla domanda “su cosa i musei ritengono prioritario investire” notiamo che i musei dell’Umbria concentrano i propri investimenti sulla presenza sui canali social (Facebook, Instagram, X) — con il 26,2% delle risposte date — e tour virtuali del museo/istituto (25,5%).

Tralasciando il settore digitale, altri importanti canali di investimento sono l’intensificazione di collaborazioni e/o partenariati con enti, istituzioni scolastiche e/o associazioni per la realizzazione di progetti culturali e sociali sul territorio (54,4%), e la volontà di recuperare il rapporto con il pubblico attraverso la promozione di biglietti integrati o accessi agevolati (52,3%). 

Passi importanti per una regione che sta cercando sempre di più di avere un’offerta appetibile, non solo a livello culturale, per i giovani, fulcro delle maggiori iniziative umbre.

Il problema principale è infatti il riuscire a rendere il proprio patrimonio culturale interessante per la fascia d’età adolescenziale, così da avere dei giovani che possano appassionarsi a questo mondo e perché no vedere in questo anche una possibilità lavorativa.

Un problema che può essere risolto grazie a un lavoro continuo di dialogo fra l’offerta e il ricevente, fra i sistemi culturale regionali e nazionali e le nuove generazioni.

Vi lasciamo il link alla ricerca completa realizzata da AUR, dove, insieme ad altri interventi e importanti dati, potrete trovare un elenco riassuntivo degli spunti d’azione e una sezione bibliografica che può stilare le basi per alcune proposte.

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